Sindacati Regionali di Stampa

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Tutti all’Inps? La proposta beffarda di chi ha già una ricca pensione

Alessandra Costante

Alessandra Costante

di Alessandra Costante*

Tutti all’Inps? No, all’ Inps vacci tu! In questi giorni di fervente dibattito sul welfare del giornalismo italiano tra le varie proposte strampalate che attraversano il nostro piccolo mondo antico ce ne è una che rappresenta una vera e propria mascalzonata: l’Inpgi non sta in piedi, niente riforma come indicato dal Cda dell’istituto di previdenza, ma andiamo tutti all’Inps. A portare avanti questa follia è un gruppetto di colleghi in pensione da molti anni, gli stessi che si oppongono “fieramente” ad ogni contributo di solidarietà, anche se si tratta di una quindicina di euro al mese per quanto riguarda le pensioni medie. Gli stessi che si oppongono ad ogni regola che ponga un tetto al cumulo tra pensione e reddito per chi, già in pensione, continua a lavorare nelle aziende in cui era stato fino al giorno prima del pensionamento. Un gruppo di agitatori, isolati anche dal sindacato di base dei giornalisti pensionati della Fnsi, l’Ungp, che è d’accordo sulla riforma, ma chiede tutela per le fasce deboli e un contributo anche da parte degli amministratori e sindaci. Insomma un taglio delle indennità che percepisce chi ha incarichi di responsabilità nell’Istituto: un punto di vista condivisibile purché non danneggi l’efficienza della struttura operativa dell’Inpgi. Ma questi sono discorsi ragionevoli. Diverso il tono dei paladini del “tutti all’Inps”. Non personalizziamo, chiamiamoli semplicemente “lupi grigi”, colleghi che sono in pensione da molti anni e viaggiano su redditi di tutto rispetto, superiori alla media che si attesta sui 65 mila euro lordi annui. Loro, i “lupi grigi”, hanno pensioni da 90 mila euro in su. Da un’analisi Inpgi del volume medio degli importi dei trattamenti pensionistici erogati dall’Istituto, emerge che a parità di parametri – la media retributiva pensionabile – sulla base di trent’anni di contribuzione viene corrisposto un importo di pensione che, se maturato nell’ambito della gestione Inps, avrebbe richiesto invece 40 anni di contribuzione. In sostanza all’Inps per avere la stessa pensione dell’Inpgi si deve lavorare 10 anni in più. Quindi chi è già in pensione con il sistema Inpgi dovrebbe avere la decenza di non consigliare a chi sta lavorando proposte scellerate come: “andiamo, anzi, andate tutti all’Inps” facendosi scudo dei cosiddetti diritti acquisiti. Per capire meglio di cosa stiamo parlando facciamo alcuni esempi (a titolo esemplificativo) che potrebbero corrispondere ai profili di alcuni “lupi grigi”. Il primo caso è di un giornalista che con una media retributiva pensionabile di 127 mila euro, con 35 anni di anzianità contributiva avrebbe maturato presso la gestione Inps un assegno di 60 mila euro lordi annui, mentre percepisce dall’Inpgi una pensione di 90 mila euro lordi all’anno. 30 mila in più della gestione Inps. Un secondo caso potrebbe riguardare un collega che con 117 mila euro di media retributiva pensionabile, sempre con 35 anni di contribuzione, avrebbe maturato all’Inps una pensione di 56 mila euro, mentre percepisce dall’Inpgi un assegna di 88 mila euro lordi all’ anno. 32 mila in più rispetto all’Inps. Peraltro questo giornalista beneficia del trattamento da 15 anni essendo andato in pensione a 55: agli esordi la legge 416 prevedeva scivoli fino a 15 anni. Visto che i “lupi grigi” parlano non di pensioni d’oro, ma di contributi d’oro, i loro versamenti contributivi corrispondono all’assegno pensionistico? Non mi sembra proprio perché in tutti i casi il gettito contributivo versato dai giornalisti nel corso dell’ intera vita lavorativa è comunque inferiore a quello versato, a parità di parametri, dai lavoratori iscritti alla gestione Inps. E anche le aziende versano di più per ogni addetto rispetto a quelle iscritte all’Inpgi. Terzo caso: un giornalista con 90 mila euro di media retributiva e 40 anni di contributi avrebbe maturato presso la gestione Inps una pensione di 57 mila euro mentre all’Inpgi ne percepisce 83 mila, 26 mila in più della gestione Inps. Ma allora cosa vogliono i “lupi grigi” se non capitalizzare i profitti e socializzare le perdite? Una dimostrazione plastica di totale mancanza di solidarietà intergenerazionale. Solo a titolo di esempio nei tre casi descritti che rappresentano però situazioni reali, il contributo di solidarietà comporterebbe la perdita di 40 euro mensili rispetto a pensioni mediamente superiori ai 4 mila euro netti mensili. E questi paladini dei diritti acquisiti hanno il coraggio di parlare contro la riforma dell’Inpgi perché “taglia le pensioni conquistate con contributi d’oro”? E anche qualche sedicente re dei poveri, prima di parlare potrebbe dire a quanto ammonta la sua pensione e se non prova un po’ di imbarazzo nei confronti di coloro di cui si è strumentalmente proclamato difensore. Per i colleghi che devono ancora andare in pensione Inpgi e Inps non sono la stessa cosa. Non lo saranno neppure dopo la riforma. Anche con il taglio del rendimento (dal 2,66 al 2,30) delle pensioni, nel nostro futuro ci sarà comunque un assegno superiore del 28% rispetto a quello dell’Inps. E anche l’età, seppure progressivamente alzata, non sarà mai quella dei quasi 67 anni. Cari “lupi grigi” sapete una cosa? I diritti non si sono estinti con il vostro pensionamento.

*Segretario Associazione ligure giornalisti e componente di segreteria Fnsi

2 commenti su “Tutti all’Inps? La proposta beffarda di chi ha già una ricca pensione

  1. marcello zinola
    27 luglio 2015

    Lupi grigi? Più che pelo hanno vizio….

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  2. gianfranco sansalone
    25 agosto 2015

    Un’analisi chiara, perfetta e condivisibile, cara Alessandra Costante.

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