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Inpgi: per l’Inps è un affare. Ecco perché

di DOMENICO AFFINITO*

Un economista di chiara fama ha deciso di cavalcare la vicenda Inpgi. Interviene su alcuni giornali, viene ospitato (senza contraddittorio) nelle trasmissioni televisive, pare anche che in questo momento eserciti forti pressioni su questo o quel deputato, questo o quel senatore. C’è chi dice che punti a tornare all’Inps. Secondo altri le sue mire fanno rima con Covip. Secondo altri ancora, ha semplicemente un difficile rapporto con la carenza di ruoli in cui è spiaggiato. In realtà, cosa lo muova davvero non è dato sapere, certo non è l’insopprimibile bisogno di verità perché puntualmente dice cose non vere, costruisce sillogismi sbagliati su dati erronei. A partire dal suo grido di battaglia: con il passaggio dell’Inpgi all’Inps (che non era ciò che la grande maggioranza dei giornalisti auspicava) si scaricherebbe il costo delle pensioni della «ricca casta dei giornalisti» sulla fiscalità generale. È una mistificazione: per l’Inps è un affare perché non è nemmeno lontanamente il ribilanciamento di un dare-avere trentennale. E vi spieghiamo perché, numeri alla mano.  

Prendiamo il 2019: la spesa pubblica, comprensiva degli interessi sul debito, è stata pari a 870,742 miliardi e le entrate complessive sono state pari a 841,4 miliardi. Al netto delle entrate previdenziali (209,4 miliardi di euro che consideriamo «neutri») le uscite sono 661,342 miliardi e le entrate 632 miliardi. Questo vuol dire che tasse dirette e indirette coprono il 95,56% della spesa. Ora, il totale dell’Irpef 2019 è stato di 172,563 miliardi di euro, cioè il 27,3% delle entrate, al netto dei contributi previdenziali. Assistenza, prestazioni temporanee, Inail, welfare enti locali e quota di pensioni non coperte pesano 163,488 miliardi, ma siccome le entrate totali coprono il 95,56% della spesa arriviamo a 156,23 miliardi effettivamente coperti, il 27,3% dei quali dall’Irpef: 42,65 miliardi. Che è come dire che il 24,71% di tutta l’Irpef va a copertura di queste voci. Voci di spesa che danno diritto a prestazioni di cui i giornalisti non hanno mai goduto, in quanto erogate dall’Inpgi privatizzato

Quanto hanno pagato di Irpef i giornalisti nel 2019? Circa 170 milioni di euro i pensionati e 290 milioni di euro gli attivi: totale 460 milioni di euro. Giornalisti assunti e pensionati, quindi, hanno versato solo nel 2019 circa 113,6 milioni di euro alla fiscalità generale per prestazioni di cui non usufruiscono. A babbo morto, per dirla con italico adagio.  In 27 anni di Inpgi privatizzato stiamo parlando, largo tanto, di una cifra che va da 2,5 a 3 miliardi di euro

Ora, il disavanzo Inpgi è di 213 milioni circa, ma 113,6 sono versati «in più» dai giornalisti, il che vuol dire che il disavanzo reale è di 100 milioni di euro l’anno. Nei prossimi 20 anni, prima che il rapporto contributi prestazioni torni in pareggio (in virtù di una riforma radicale che abbiamo adottato nel 2017) il costo totale dello Stato per le nostre pensioni sarà di circa 2 miliardi, ma l’Inpgi ha 800 milioni di patrimonio, che andranno allo Stato: il saldo reale è quindi di 1,2 miliardi. Siccome la finanza pubblica, come detto, ha già incassato dalla nostra categoria almeno 2,5 miliardi di tasse che non hanno dato luogo a prestazioni negli ultimi 27 anni, il saldo per lo Stato, alla fine, è più che positivo. Altro che ribaltamento dei costi delle pensioni dei giornalisti sulla fiscalità generale!

Invitiamo il brillante economista, e tutti i suoi paggi, a fare i conti completi. 

*componente cda Inpgi

Informazione

Questa voce è stata pubblicata il 22 novembre 2021 da in Assostampa Regionali, Fnsi, Giornalisti, Inpgi.

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