Il nuovo blog delle sindacaliste e dei sindacalisti delle Associazioni regionali di stampa della Fnsi
di GIANFRANCO SUMMO*
L’invalidità è una cosa seria. Un dramma per chi ne viene colpito e per le famiglie che devono occuparsi di una persona cara non più in grado di badare a se stessa. Strumentalizzare questa condizione per fini politici è squallido. Farlo pubblicamente rivendicandolo è forse l’ultimo – spero – gradino nella scala della dignità. A questa impensabile situazione si è giunti durante l’ultima Assemblea nazionale Casagit, il 14 dicembre 2017, quando al legittimo interessamento dei delegati sull’andamento della Cassa è subentrato l’astioso risentimento di chi non ha accettato l’esito delle elezioni di ormai sei mesi fa. Ma su questo aspetto ci tornerò.
La Casagit assiste circa seicento associati in condizione di non autosufficienza ai quali eroga un contributo mensile di cinquecento euro per un totale di poco superiore ai tre milioni di euro. Una spesa doverosa, per quanto significativa sui bilanci della Cassa.
L’invecchiamento della popolazione, anche giornalistica, l’arretramento dei servizi sociosanitari pubblici, la riduzione del gettito contributivo (effetto aritmetico dell’impoverimento della categoria) e del numero dei soci Casagit mettono in discussione sul medio-lungo periodo la tenuta dei conti e la solidità di una prestazione qualificante come l’assistenza ai non autosufficienti.
La soluzione individuata dal Cda per mantenere invariati i livelli di questa assistenza senza perdere di vista l’equilibrio dei conti, passa per un accordo con il ramo assicurativo di Poste e una valutazione medica dei criteri di non autosufficienza. Sarà Poste a pagare a vita l’indennità mensile di 500€ agli associati Casagit (anche iscritti ai profili 2, 3 e 4) ad eccezione degli ultra 75enni. Le esclusioni saranno comunque gestite direttamente dalla Casagit così come la nostra Cassa continuerà ad assistere i 600 non autosufficienti attualmente in carico.
L’accordo prevede il versamento annuale a Poste di un “premio” assicurativo da parte di Casagit per conto dei soci. Il vantaggio per la Cassa è di continuare a garantire ai colleghi e ai loro familiari il medesimo livello di assistenza attuale, ma a fronte di un rischio finanziario calcolato e limitato. Tenuto conto che dal gennaio 2018 in poi la maggior parte dei nuovi casi sarà presa in carico da Poste (ripeto, con il medesimo trattamento economico riconosciuto oggi da Casagit) e che l’attuale bacino di assistiti andrà man mano riducendosi, su un periodo decennale il risparmio per la Cassa si valuta sui cinque milioni di euro.
Attenzione: tutto quanto sopra riguarda esclusivamente il contributo per la cosiddetta long term care. I giornalisti o loro familiari iscritti, che dovessero trovarsi in questa condizione continuano, ovviamente, a rimanere soci Casagit per ogni altra prestazione anche se connessa alla malattia invalidante. Un esempio: il malato di Alzheimer incasserebbe l’assegno di non autosufficienza da Poste (invece che da Casagit, per il medesimo importo) e continuerebbe a ottenere i rimborsi di Casagit per farmaci, visite specialistiche, cure odontoiatriche, ricoveri e ogni altra voce del tariffario.
Fin qui i fatti.
La mistificazione dei fatti ha portato una minoranza dei delegati a ignorare ogni spiegazione tecnica e gestionale illustrata dall’ufficio di presidenza della Casagit e dal direttore generale, arrivando a “sintetizzare” in malafede che la Casagit vuole abbandonare i soci nelle mani di una assicurazione. Peraltro, le maliziose e suggestive sintesi che circolano sulla rete sorvolano agilmente sulle alternative proposte per conciliare sostenibilità dei conti e long term care: tagliare altre prestazioni. Il richiamo in tal senso è arrivato dal consigliere di amministrazione Luciano Azzolini, (ex presidente dei Revisori dei conti) uno dei due componenti del Cda (l’altro è Carlo Gariboldi, ex vicepresidente) che ha votato contro la delibera sul nuovo sistema di assistenza agli invalidi. Nel suo intervento, in relazione al tema-Poste e più in generale al futuro assistenziale della Cassa, Azzolini ha rimarcato il carattere integrativo e non sostitutivo della Casagit, che dunque se messa alle strette dovrebbe tralasciare le prestazioni già garantite dal Sistema sanitario nazionale.
Nessuna sintesi o riepilogo dei fatti può aiutare a rendere compiutamente l’atmosfera nella quale si è svolta l’assemblea. Il problema non è esprimere il dissenso, anche se in toni sgarbati e offensivi (modalità che di solito qualificano egregiamente i portatori degli attacchi). Ma farlo in modo rumoroso, interrompendo continuamente gli interventi sgraditi chiosandoli con sarcasmo, è avvilente.
La Casagit si occupa della salute dei colleghi, non è bello trascinarla in un clima da corrida. E invece è esattamente questo quanto accaduto. Le ragioni “politiche” alla base delle proteste alla fine sfociano tutte su una singolare tesi: Roma e Milano sono sottorappresentate nel Consiglio di amministrazione che dunque non è legittimato anche in virtù del terzo mandato del presidente Daniele Cerrato. Quest’ultimo tema è stato affrontato dal presidente dei Revisori dei conti, Mario Zaccaria: non solo il parere legale prodotto dalla direzione generale non esclude la piena validità della presidenza Cerrato, ma a questa conclusione giungono anche gli esperti consultati dallo stesso organismo di controllo.
Infine, Roma e Milano. In cda siedono tre milanesi e un romano. Nel precedente mandato tre milanesi e tre romani. Il sistema elettorale in base al quale i giornalisti iscritti alla Casagit hanno liberamente scelto i propri rappresentanti non è cambiato di una virgola da una elezione all’altra. Si chiama democrazia.
*vicepresidente Casagit