Sindacati Regionali di Stampa

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Ok del Senato alla legge sull’editoria. Lorusso e Giulietti: “Ora tempi brevi anche alla Camera”

Ok del Senato alla legge sull'editoria

Ok dal Senato alla legge sull’editoria

Resta ancora un passaggio, quello del nuovo voto alla Camera, con il quale dovranno essere recepite le modifiche apportate dal Senato. Ma, una volta trovato l’accordo politico, il passo dovrebbe essere breve. E la nuova legge per l’editoria dovrebbe essere uno dei pilastri per la rinascita del settore, impastoiato in una crisi pesante e senza precedenti. Nel testo manca ancora la definizione di alcuni punti importanti, come quelli legati alle problematiche delle concentrazioni editoriali, ma di fatto il percorso verso l’innovazione è a buon punto. L’approvazione della nuova legge al Senato è arrivata a maggioranza, con 154 sì, 36 voti contrari e 46 astenuti. A favore hanno votato Pd, Sinistra Italiana, Area Popolare, Ala, Per le Autonomie-Psi-Maie. Contro il Movimento 5 Stelle. Astenuti Forza Italia, Lega Nord e Cor. Voto contrario in dissenso dal gruppo di Roberto Calderoli e Mario Mauro.  Tra le novità principali c’è l’approvazione dell’emendamento sul tetto degli stipendi di amministratori, dipendenti e consulenti Rai, che non potranno superare i 240mila euro. La stessa soglia sarà valida per le aziende editrici che percepiranno contributi pubblici: in questo caso il contributo stesso verrà dimezzato. La nuova legge stabilisce la creazione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione, presso il ministero dello Sviluppo economico, in cui confluiranno con le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica, quelle con  per le emittenti radiotelevisive locale e una quota – fino ad un massimo di 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone Rai. Ci sarà anche un contributo “di solidarietà” da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (pari allo 0,1% del reddito complessivo annuo). Al fondo potranno accedere tv locali, cooperative di giornalisti, enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, associazioni di consumatori, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero. Sono esclusi i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali o partecipati da società quotate in borsa. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge il Governo dovrà provvedere a una revisione dell’intera disciplina dei criteri di assegnazione dei contributi sulla base della nuova normativa. Delega al Governo anche per quanto riguarda i nuovi criteri per i prepensionamenti dei giornalisti e la riforma dell’Ordine professionale.  «Il via libera del Senato al ddl di riforma dell’editoria rappresenta un passo in avanti importante e decisivo per la messa a punto di interventi necessari al rilancio del settore». Lo affermano, in una nota, il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Vanno ringraziati i senatori, a cominciare dal relatore Roberto Cociancich, che in questi mesi hanno ascoltato e fatto proprie le istanze più importanti avanzate dal sindacato dei giornalisti. È adesso auspicabile che la Camera dei deputati, nella piena autonomia che le è propria, giunga all’approvazione definitiva della proposta di legge, recependo le modifiche approntate dal Senato, nel più breve tempo possibile, per consentire al governo di mettere a punto i necessari regolamenti che dovranno definire le modalità – e stanziare le risorse – per chiudere la fase di lunga ristrutturazione del settore avviata dalle aziende editoriali e gettare le basi per un rilancio incentrato sulla valorizzazione del lavoro regolare e sulla lotta al precariato dilagante. Restano sul tappeto le problematiche legate alle concentrazioni editoriali e al superamento di norme antitrust concepite in stagioni lontane: l’augurio è che vengano presto messe al centro del confronto parlamentare e tradotte in norme di legge in linea con gli indirizzi generali definiti dell’Unione europea».

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